

di Salvatore Maurici
Vi sono poeti che vivono in comunità aperte, culturalmente avanzate, dove il talento e la sensibilità trovano spazio e luoghi dove potersi esprimere, orecchie interessate ad ascoltare.
In questi luoghi fortunati i versi dei poeti raccontano la storia degli uomini onorati di quella società di uomini liberi. Vivono nel rispetto generale e stimati, le loro parole ascoltate.
In altri luoghi ove la gente è chiusa in forti egoismi, prigionieri di una grande considerazione delle proprie capacità, scrivere poesie, poesie di denunzia, poesia civile, e ben più difficile; non amano le voci critiche, preferiscono ridurre al silenzio le voci dei poeti scomodi.
Un chiaro esempio di poeta maledetto, è il sambucese Angelo Pendola, la sua poesia di denunzia non piace al Potere, agli arruffoni, a coloro che usano cariche pubbliche per arricchirsi illegalmente.
Questa sfida impossibile non può che provocare isolamento, emarginazione, in tanti non amano la sua poesia. Così questi suoi versi, raccolti in una silloge dal titolo esplicativo: “Rovi e gramigna”, riprendono e continuano la sua storia poetica, rivelano a noi lettori attenti, il contenuto, ma non saziano la nostra curiosità, stanchi di poesia consumistica fatta di elogi e santificazioni, di natura arcadica e del ricordo, omettendo di parlare della pattumiera che di essa ne abbiamo fatto, noi voraci ed insaziabili consumatori.
I rovi danno buoni frutti, le more infatti hanno il senso dell’equilibrio, sanno di dolce con venature amare, chi le vuole raccogliere deve correre il rischio di pungersi e lacerarsi. La gramigna a sua volta lasciandola crescere trasforma in buon terreno capace di dare buoni frutti in terra asfissiato dalle sue radici, diventa improduttivo. Il seme del buon contadino che cade in mezzo alle radici della gramigna non darà pane, solo dispiaceri.
Cosi nel sociale, secondo il poeta Pendola la corruzione i politicanti corrotti, i mafiosi finiscono per succhiare le energie fisiche ed economiche, morali di una comunità, trasformandola in un insieme di individui deboli, incapaci di capire e difendere il bene comuni.