

Piazza dell’Emigrante di Santa Margherita di Belice, gremita all’inverosimile, ha fatto da cornice alla inaugurazione della scultura del Maestro Paolo Manno voluta dai margheritesi d’America.
Una piazza invasa da bandiere a stelle e strisce sventolate dai tanti italo-americani presenti per l’occasione. Testimonianza di tanti cuori divisi tra l’amore per la terra natale e quello per la terra che a tanti ha dato un futuro. Due gli inni di apertura della cerimonia di inaugurazione: quello italiano e quello americano. Oltre a quello di fratellanza pronunciato da Biagio Valenti.
E come in tutte le occasioni dove comanda il cuore, la commozione si è concretizzata nelle parole del presidente del “Circolo Santa Margherita di Belìce di New York”, Pietro Ciaccio. Il quale non è riuscito a trattenere le lacrime.
“Il soggetto della scultura del Maestro Paolo Manno, la statua della Libertà con ai piedi la nave – ha detto Pietro Ciaccio – rappresenta un momento particolare del viaggio dei nostri emigrati verso l’America. La vista della statua della Libertà, da sopra la nave, era il segnale che il lungo viaggio di 25 giorni era finito.” E che il “nuovo mondo” era a portata di mano.
“Sullo sfondo, dietro la statua della LIbertà – ha spiegato Paolo Manno – si intravedono tanti segmenti che dal continente africano di dirigono verso tutti gli altri continenti. Così è stato e così continua ad essere”. “Ecco perché – ha continuato Paolo Manno – bisogna essere tolleranti verso chi oggi approda sulle nostre coste”.
Gli instancabili Antonino La Sala e Filippo Barone (chairman’s della manifestazione) sono stati i veri registi dell’evento. La comunità margheritese d’America ha voluto, con questo dono al paese di origine, rimarcare il legame profondo che ancora la lega alla terra di origine.
Presenti l’arciprete don Filippo Barbera, che nel benedire il monumento ha richiamato il concetto di accoglienza, il sindaco Franco Valenti e la sua giunta al completo, le forze dell’ordine.
Tantissimi i video e le foto messi in rete in tempo reale. Quasi a rimarcare il tempo trascorso da quando, ai primi del ‘900, per raggiungere l’America occorrevano 25 giorni e le comunicazioni erano affidate unicamente al servizio postale. Oggi le immagini “viaggiano” in diretta, mentre le parole, che una volta erano contenute anche nelle tanto attese lettere dai parenti e dagli amici, trovano sempre più difficoltà ad essere formulate. Anche questo è un “nuovo mondo”.