

“La parola è atto”. Una volta, forse. Adesso la diffidenza è la regola. Specie in politica. Specie nella fase pre-elettorale.
“L’impegno a candidarsi” viene formalizzato con atto scritto.
Cosa dell’altro mondo. Non ci sono ancora i candidati sindaco, non ci sono le liste dei candidati per il consiglio comunale, ma ci sono le lettere di “impegno a candidarsi”.
La prova provata della mancanza di fiducia in coloro che dovrebbero formare la “squadra” per amministrare una comunità.
La storia insegna. Almeno a Santa Margherita di Belice.
Anche a liste fatte, ma prima che siano presentate presso gli uffici competenti, il rischio del salto della quaglia è dietro l’angolo.
Il ritornello è ufficiale: le liste si formano la notte prima della loro presentazione.
Fino al quel momento il fenomeno “migratorio” è vivo e vegeto.
Quasi non scandalizza più.
Ecco perchè i probabili candidati amministratori comunali di domani sono invitati, dai “probabili” candidati sindaci, a sottoscrivere una lettera d’impegno a candidarsi.
Senza che ancora ci sia il nome della lista, il nome del candidato sindaco collegato a quella lista e, ancora più grave, senza che ci sia il programma elettorale.
Una sorta di “cambiale” in bianco unilaterale. Infatti non si ha notizia che anche il probabile candidato sindaco sottoscriva un analogo impegno a candidarsi. Non si conosce la penale, ma così i candidati consiglieri comunali diventano “merce” di scambio dei cosiddetti “capi elettori”. Questi poi si riuniscono e, in base alle “lettere di impegno” che hanno nel loro portafogli, decidono chi candidare alla carica di sindaco.
Così il suffragio universale si declina in “suffragio delegato”. Ai “capi elettori”.
Come dire: largo ai giovani. Nel portafogli dei “capi elettori”. E così abbiamo la sensazione di essere negli Stati Uniti d’America per eleggere il Presidente.