

Giovedì 31 luglio, nella splendida cornice rinascimentale dell’Atrio superiore del Palazzo Municipale, si è svolta a Sciacca una serata di poesia, inserita dall’assessore al turismo Monte nel calendario degli eventi dell’estate saccense: Incontro con l’autrice: Antonella Montalbano - che ha voluto accanto a sé il giovane Lorenzo Marciante, autore di una recente pubblicazione poetica.
La poetessa di Sciacca è nota soprattutto a Torino e Milano, dove due case editrici (la Genesi del prof. Gros-Pietro, editore di due delle sue tre pubblicazioni) e la Miano Edizioni, che ha già pubblicato due importanti recensioni sull’autrice nelle sue riviste (cf. Alcyone).
Il nuovo volume della Montalbano, dal titolo emblematico ‘Se il chicco di grano… Semina e Mietitura’, pone all’attenzione dei lettori la parafrasi della dinamica compiuta dal chicco di grano, che ‘se non muore, non può portare frutto’. Il percorso narrato nelle liriche è esistenziale oltre che letterario: un canto di fede che narra il superamento delle umane debolezze e fragilità per abbandonarsi in Dio.
La poetessa offre un percorso sillogico che va dalla ricerca del senso del dolore (presente nelle raccolte precedenti (Finestre sull’anima del 2008 e L’amore, più forte della morte. Dio solo basta del 2010) all’approdo della pace e della resa incondizionata. Trattandosi di tematiche che riguardano il senso ultimo della vita, il linguaggio utilizzato è di natura simbolica, che richiede una conoscenza non superficiale delle fonti che la ispirano. La poesia della Montalbano (teologa laureata presso la Pontificia Facoltà teologica di Sicilia) trae, infatti, la sua linfa vitale da una precisa ermeneutica delle fonti bibliche, specie dei salmi e del Nuovo Testamento, ma c’è pure il riferimento alla cultura letteraria ermetica di Ungaretti e Quasimodo e alla storia del Novecento, anche quella siciliana.
Di questa triplice fonte vengono evocate immagini, simboli e metafore. Una lettura universale del dolore di ogni uomo, dunque, e della ricerca della pace, alla luce della verità antropologica in relazione al fine ultimo della vita, attraverso un continuo accostamento dei paesaggi interiori della vita a quelli esteriori della Sicilia, colti specialmente attraverso la giocondità del mare o del siculo cielo assolato o rabbuiato, trasferendo luci e ombre dalla vita alle stagioni, quasi a volerne trasfondere il messaggio. In questo modo, con pochi ma significativi versi, viene evocato o narrato ciò che difficilmente si potrebbe tradurre.
La poetessa afferma che ella ‘non può non narrare la sua fede’ e che ‘la narrazione simbolica è l’unico linguaggio che le consente di poterla esprimere’ in modo efficace.
In appendice all’ultima raccolta v’è poi un triplice omaggio ai due poeti maggiori di Sciacca: Russo e Licata, i quali pur restando molto distanti dalla sua scrittura, evidentemente hanno lasciato un segno: Licata per la sua fede esplicita, Russo per la testimonianza dei valori civili che la Montalbano sente in modo molto forte.
In un clima di quasi totale indifferenza per la ricerca del fondamento valoriale della vita, ma anche di profonda crisi esistenziale che esprime una sofferenza inerme, la poesia della Montalbano narra il dolore universale dell’uomo contemporaneo, offrendo il suo punto di riferimento fondante che è la fede cristologica. Ad una piatta generazione di adulti, la nostra, in cui per la prima volta in Sicilia appare molto superficiale la ricerca del senso ultimo dell’esistenza, la Poetessa offre una chiave ermeneutica di lettura certa e rassicurante del senso ultimo, nonostante o malgrado il ‘non senso’ che tutti ogni giorno attraversiamo. (da una riflessione della stessa autrice)