

di Joseph Cacioppo
Un'occasione mancata quella della ricorrenza del sisma che, nella notte tra il 14 ed il 15 gennaio, portò morte e distruzione nella Valle del Belìce. Specie per quei comuni che devono ancora completare l'opera di ricostruzione. Specie per Santa Margherita di Belice. L'inaugurazione della scultura in acciaio voluta dall'Amministrazione Santoro poteva essere una buona occasione da non sprecare. Purtroppo la vanità prevale sulla ragione ed anche sul buon senso. Se ad ogni costo si voleva legare la scultura in acciaio al terremoto della Valle del Belìce, alla ricostruzione non definita, occorreva collocare l'opera d'arte non in piazza Matteotti ma al centro della zona dell'ex baraccopoli Pasotti. Solo così la scultura diventava metro di misura del tempo che ancora manca per la definizione dell'opera di ricostruzione. Solo così gli operatori dell'informazione, che avessero seguito l'inaugurazione dell'opera d'arte, avrebbero toccato con mano che le grida d'allarme dei sindaci del Belìce non sono strumentali. Invece no. I taccuini e le telecamere hanno registrato che la piazza del paese, il salotto di città, è stata completata perfino negli arredi. Ed i leghisti, che il sindaco Santoro ingenuamente aveva invitato a Santa Margherita di Belice, hanno di che soffiare sul teorema del Belìce sprecone. Peccato che l'Amministrazione Santoro non abbia continuato la "protesta" dello scorso anno: in silenzio. E senza spendere trentamila euro. Un silenzio d'oro, anche se sotto forma di acciaio. Un'occasione davvero sprecata da Santoro e dal suo entourage. Per questo bisogna spostare la scultura e collocarla dove ci sono le case ma mancano le strade, le fognature, i servizi a rete. Li, in quel posto, si dovrà rinnovare, il prossimo anno, il ricordo di una ricostruzione che tarda a completarsi. Solo così l'opera d'arte sarà legata al territorio ed al dramma che, per tante famiglie, continua.